Canti di amore e rivoluzione

Una delle costanti, la sera come di giorno, è che bambini, uomini e donne cantano. Il canto per il popolo curdo ha un’importanza particolare. Quando dopo la prima guerra mondiale venne proibito di parlare e scrivere nella loro lingua, nelle terre del Kurdistan turco si riattivò una tradizione antica che era quella dei cantastorie, i Deng Bej. Miti, cultura, la storia come i racconti d’amore leggendari venivano cantati da questi girovaghi agli uomini e alle donne raccolte intorno al fuoco. Canti bellissimi, che erano in grado di far innamorare di qualcuno senza bisogno di averlo mai conosciuto. Canti che portavano le notizie dei paesi circostanti a conoscenza delle varie città e dei diversi villaggi. Così, oggi, la resistenza di Kobane e la rivoluzione in Rojava viene già cantata non solo al confine, ma in tutto il Kurdistan. Ancora di notte, intorno ad un fuoco, uomini raccolti e attenti ascoltano le storie di questa rivoluzione. Una potenza che viaggia e rompe i canali della comunicazione main stream: anche perché ognuno può dare vita al proprio canto; ognuno può modulare le melodie e riempirle dei propri sentimenti, delle proprie esortazioni e incitamenti ai combattenti e alle combattenti delle YPG/YPJ. E non è raro vedere attorno ai fuochi di Mehser anche telefoni rivolti verso il Deng Bej, dall’altro capo del telefono i combattenti di Kobane: fratelli, sorelle o figli di chi si ritrova intorno a quel fuoco. In queste notti in cui la morte può arrivare improvvisamente, dal cielo come nascosta in un camion di aiuti umanitari, la storia del popolo curdo, come di tutti coloro che si riconoscono in questa rivoluzione, viene scritta e cantata in un abbraccio senza frontiere e che viaggia su canali liberi da ogni oppressione.
Biji Kobane! Biji Rojava!