Aggiornamenti da Suruc – Kobane (1)

Questa notte violenti sconti nella citta’ di #Kobane . L’isis ha tentato un’avanzata con artiglieria e uomini in forze. La resistenza degli uomini e delle donne dell’ypg/ypg ha tenuto le sue postazioni riuscendo anche a uccidere due ufficiali di alto livello delle truppe di al baghdadi. Alle 5: 30 un autobomba passata dal confine turco e esplosa al check point che controllava la strada che dalla città siriana porta a #Suruc. Tre combattenti sono morti e diciasette sono i feriti. Le responsbilità del governo turco sono evidenti. Il progetto di una regione kurda autonoma ai suoi confini è inaccettabile. Ieri il capo della formazione fascista e ultranazionalista dei lupi grigi Devlet Bahceli si e recato a Dersim con il chiaro intento di provocare la comunità curda che ha risposto con violenti scontri costringendolo alla fuga. Sembra che il processo di pace non sia negli interessi dell’establishment di Ankara. Di fronte a questa sempre più netta presa di posizione il pkk e i curdi in generale non potranno che rispondere con una lotta sempre pù intensa.

Un racconto da Suruc – prima parte

Il primo impatto che subiamo è acustico. Siamo stati svegliati dal rumore dei Jet della coalizione. Un sibilo che riempie i cieli senza nessuna fonte. Aerei che non si vedono sorvolano Kobane. Una minaccia occulta, che non si capisce a chi sia rivolta. La minaccia di una potenza che non si manifesta e che potrebbe colpire te. Una potenza in ogni caso ostile. Mentre nel cielo passano aerei invisibili, il villaggio si sveglia. Rumori più amichevoli, voci di bambini che giocano, il cinguettare degli uccelli che sembrano anche loro aver trovato rifugio in grande numero sui pochi alberi del villaggio. Rumori di una vita normale. Ci portano a fare una passeggiata verso il confine. Kobane è solo a qualche chilometro e si distende da Est a Ovest seguendo il fianco di una collina. La parte di città che abbiamo davanti è quella residua in mano all’Isis. Proviamo ad avvicinarci al filo spinato ma  il presidio di militari turchi che sta a qualche decina di metri da noi ci intima di allontanarci. Tra la città sotto assedio e il confine si distende un lungo cimitero di macchine, furgoni, trattori, tutti i mezzi che i profughi in fuga hanno dovuto lasciare per avere il permesso dal governo turco di passare la frontiera. Ci dirigiamo verso Mehser. Iniziano a sentirsi alle nostre spalle i colpi di artiglieria , seguiti da quelli dei mitragliatori. Uno scoppio potente e poi subito dopo tanti altri secchi e ravvicinati. A Kobane si combatte e non ci è dato sapere chi spara e chi è sotto attacco. Rientriamo al villaggio. Davanti a noi gli abitanti di questo ultimo presidio solidale prima della guerra si sono disposti in un semicerchio, rivolto verso la città siriana, come in un abbraccio ideale. Nel silenzio rotto da alcuni colpi, i Curdi e le Curde iniziano a intonare i loro canti, indirizzati ai fratelli e alle sorelle che combattono oltre il confine. Un suono potente come quello dei cannoni quello di trecento voci che cantano all’unisono. Un suono che si distende per tutta la vallata che si trova tra noi e Kobane e sicuramente raggiunge la città. Come se fosse stato prestabilito, alla fine del canto i colpi si intensificano.  Con il solito ritmo: un colpo di artiglieria che segue a raffiche. Al villaggio si attende. Si cerca di capire scrutando il profilo della città chi stia portando avanti l’offensiva. Un fumo grigio, finalmente si alza dalla parte della città sotto il controllo di Daesh. Forse i guerriglieri stanno riconquistando terreno.

Sono le 11 e dal minareto della moschea il canto del Muezzin richiama i fedeli. Mentre alcuni si mettono a pregare, noi incontriamo un combattente che è appena ritornato dal fronte: è passato di notte ferito ad una gamba. È passato illegalmente perché ci dice che alla frontiera o ti sparano oppure ti arrestano. Ci parla ma sembra teso. Gli chiediamo come procedono i combattimenti, come viveva prima dell’attacco dell’Isis. Ci dice che intorno a Kobane si stringe una morsa, che solo la città curda riesce a resistere alla avanzata degli sgherri del califfo nero. I villaggi intorno hanno paura. Ma Kobane è riuscita ad aggregare le forze diverse che in Siria combattono per la libertà. Un esempio che inizia a fare paura a più parti. Poi lo lasciamo.

La nostra giornata continua tra incontri, racconti, molti dei quali non possiamo neanche comprendere. Ma tutti vorrebbero spiegarci la situazione, la loro storia o anche soltanto farci qualche domanda per curiosità, non tanto perché stupiti della nostra presenza, quanto per il gusto di chiacchierare e di conoscersi. Prima di pranzare un compagno di Ergis propone di spiegarci come funziona il confederalismo democratico, il modello che ha guidato la rivoluzione in Rojava e che anche in Turchia si sperimenta in diverse municipalità. Ne nasce una chiacchiera di un ora e più. Molte le nostre domande, quasi asfissianti. Molti gli esempi concreti di come funziona in diverse parti, non solo nel Rojava che resiste. Poi con un sorriso ci dice, la rivoluzione è ancora come un bambino appena nato; sta gattonando nel tentativo di rovesciare un ordine dell’esistente che lo assedia da più parti, bisogna avere pazienza per vedere i frutti maturi che potrà dare.

I tempi sono scanditi sempre dai rumori dei combattimenti che smettiamo di sentire solo quando nel pomeriggio ci portano a Suruc. La cittadina ha accolto più di 60000 profughi che si stanno gestendo in maniera autorganizzata aiutati dagli abitanti del municipio turco. http://www.dinamopress.it/news/lautogestione-curda-nei-campi-dei-rifugiati

Prima che il buio chiuda la giornata la nostra guida ci porta a uno di questi campi.  Li possiamo assistere stupiti e commossi alla forza e alla dignità di queste persone. Poche parole possono descriverlo. Forse nessuna. Saranno sentimenti che sappiamo non ci lasceranno facilmente. Kobane resiste. La rivoluzione avanza.

Corrispondenze radiofoniche Radio Onda Rossa

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Per avere una testimonianza diretta dai campi profughi di Suruc, ascoltate le frequenze di Radio Onda Rossa ( 87.9 fm):

– Venerdì 28 alle ore 20 (ora italiana)
– Sabato 29 alle ore 20 (ora italiana) —–> ORARIO MODIFICATO!
– Domenica 30 alle ore 12 indicativamente (ora italiana)
– Lunedì 1 alle ore 20 (ora italiana)

Stay Tuned!!!

Kobanê ovunque, ovunque Resistenza.

Dal marzo scorso la regione autonoma del Rojava (Kurdistan siriano) è sotto attacco delle milizie di ISIS. Di tale offensiva si è taciuto fino a quest’estate, quando le forze dello Stato Islamico hanno occupato la città iraqena di Mosul e preso il controllo di vaste porzioni di territorio, imponendosi all’attenzione internazionale per la posizione di forza che hanno conquistato mettendo le mani su giacimenti petroliferi, arsenali militari pesanti, infrastrutture statali ed un territorio strategico importantissimo. Attualmente il focus del conflitto è posto sulla cittadina di Kobanê, al confine con la Turchia, assediata dall’ISIS da quasi due mesi, eppure ancora in piedi. E’ solo sulla forza di volontà dei combattenti kurdi e dei volontari che sono riusciti ad unirsi a loro che si fonda la speranza della vittoria. I media occidentali diffondono poche e confuse (se non false) notizie: la situazione dei circa 150.000 profughi che dalle città kurdo-siriane assediate dall’ISIS sono fuggite nel Kurdistan turco è disperata, e lo Stato turco ostacola in ogni modo il sostegno alla città, impedendo l’afflusso di aiuti umanitari e di volontari che vogliono unirsi alle YPG e YPJ (Unità di difesa del Popolo e delle Donne).

Mentre Turchia, Arabia Saudita ed altre potenze locali ed occidentali hanno foraggiato e sostenuto quest’aberrazione islamico-fascista fino a renderla abbastanza potente da perderne il controllo per poi piangere lacrime amare; mentre gli eserciti governativi addestrati e ben equipaggiati, sono fuggiti lasciando terre e popolazioni al saccheggio ed ai massacri, agli stupri ed alle deportazioni, la guerriglia di YPG e YPJ ha salvato migliaia di vite umane ed organizzato un accanita e vincente resistenza popolare proteggendo uno degli esperimenti sociali più avanzati e libertari del terzo millennio: da oltre due anni infatti, nel Rojava, si è creato un autogoverno del territorio basato sulla parità di genere, l’ecologia e la tolleranza tra etnie, religioni e culture diverse. In uno scenario di guerra civile in Siria, sconvolgimenti in Medio Oriente e forti sacche di arretratezza culturale e fondamentalismo religioso, i kurdi hanno realizzato un modo di vivere egualitario, libero ed anticapitalista.
Riconoscendo il profondo valore dell’esperimento del Rojava e della sua Resistenza e sentendoci vicini alla popolazione kurda, stiamo organizzando delegazioni internazionali che arrivino al confine per portare aiuti concreti, supportare la resistenza e decostruire la narrazione falsa e confusa che ci viene imposta di questo conflitto. Il Kurdistan ha bisogno dell’aiuto di tutti e tutte: pertanto chiediamo di supportare le delegazioni con donazioni per i profughi ed iniziative informative e di solidarietà.

 Hemu erd Kobanê, hemu erd Berxwedan.
Kobanê ovunque, ovunque Resistenza.